09/10/2013
Proprio oggi, 50 anni fa, alle ore 22.39, circa 260 milioni di m³ di roccia scivolarono, alla velocità di 108 km/h, nel bacino artificiale sottostante che conteneva circa 115 milioni di m³ d’acqua. La diga del Vajont. Il disastro del Vajont.
Un’onda che superò di 200 m in altezza il limite della diga e che, in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte, circa 25-30 milioni di m³, scavalcò la diga stessa, riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone, i suoi limitrofi, i sogni, le paure e le speranze di tutti coloro che abitavano le loro case. Per chi si salvò, l’indifferenza e l’abbandono fecero il resto.
Oggi, a 50 anni da quella tragedia, la diga è ancora lì. A monito del fatto che la natura va rispettata e non sfidata. Che l’uomo ha dei limiti e non saranno mai superiori a quelli che la natura ci impone. Quello che mancano, oggi, sono 2.000 anime, i loro destini e un pezzo del Monte Toc. Oggi si dice che era una tragedia annunciata, allora si chiamava progresso e innovazione.
Le mie origini sono Friulane e vi posso garantire che nelle ossa, negli occhi e nei volti delle persone più anziane che abitano quelle terre, vi sono due eventi ben scolpiti: il disastro del Vajont del 1963 e il terremoto del 1976.
Per fortuna io sono venuto al mondo più tardi e ho schivato entrambi gli eventi. Nonostante ciò, sentirne i racconti, percependone i brividi, le voci tremanti, mi ha legato a quelle disgrazie e quelle terre dove ho parte delle mie radici.
In Friuli ho passato poi tutte le vacanze estive dai 5 ai 15/16 anni. Tutt’oggi ci vado più volte l’anno. Non a caso, il mio primissimo viaggio in bici di più giorni ha avuto come destinazione Maniago (PN), il paese dei coltelli.
Ho visitato l’invaso del Vajont diverse volte e ogni volta ho sentito il dolore affiorare sulla pelle.
Sin da inizio 2013 mi ero ripromesso che, nel corso dell’anno, ci sarei andato in bicicletta. Un po’ per rendere un personale omaggio alle vittime di quella disgrazia e un po’ perchè la bici ti fa vedere le cose da un’altra prospettiva.
Purtroppo, gli impegni lavorativi e personali, mi hanno costretto a rimandare più volte l’impegno che mi ero preso, ma non a rinunciarvi.
Ora, è arrivato il momento.
I pochi giorni (3) a mia disposizione, mi obbligano a percorrere parte del tragitto (Milano – Chiari) in treno. Per quelli che sono i miei limiti, mi sarebbe servito un giorno in più che purtroppo al momento non ho e non avrò. Partirò dunque sabato 12 ottobre e arriverò a Erto e Casso lunedì 14 ottobre.
15/10/2013
Ecco le tappe percorse con relativo racconto di giornata:
12/10 Sarnico – Sirmione (79 Km)
13/10 Sirmione – Caldonazzo (118 Km)
14/10 Caldonazzo – Erto e Casso (127 Km)