DISTANZA: 203Km |
DISLIVELLO: 3800m D+ |
PARTENZA / ARRIVO: Cigognola (PV) Percorso ad anello. Vedi mappa |
SALITE AFFRONTATE: |
DIFFICOLTA’:* |
TRACCIATO:* |
PANORAMI:* |
ORGANIZZAZIONE:* |
*Valutazioni personali
Dopo le Randonnée Milano Tra Riso e Vino e la Gran Milan, per la terza volta in questo 2022, Claudia e io ci troviamo a calcare l’asfalto sconnesso e granuloso dell’Oltrepo Pavese.
A differenza delle due occasioni precedenti però, la partenza è fissata ai piedi delle colline, più precisamente a Cigonola, piccolo avamposto appena dopo Broni.
Trovarci già con le pendenze sfavorevoli sotto le ruote sin dalla partenza si traduce in una sola parola: fatica. Già, perchè la Rando Sawana, organizzata da Una Triathlon Team, è un 200 Extreme, che metterà a dura prova le nostre gambe e resistenza.
Ci avviamo sotto i primi raggi del sole, che lentamente filtrano tra le creste delle colline. L’aria, inizialmente fresca, lascia subito spazio a un clima più caldo, complice anche la strada che ci porta ai 333m di Pietra De Giorgi. Mi bastano poche pedalate per accorgermi di aver dimenticato la borraccia sul tavolo di casa: non una scelta saggia visti i 30° previsti oggi. Non facciamo drammi: smezzeremo le riserve liquide fino al primo controllo, dove mi procurerò una bottiglietta d’acqua.
I vigneti la fanno da padrone, mentre una rapida discesa si esaurisce sotto i copertoni e riprendiamo a salire verso Montalto Pavese (392m). Le salite successive, che portano rispettivamente a Fortunago (482m) e Trebbiano (525m), sono sensibilmente più impegnative delle prime due. Qui, dal roadbook, dovrebbe esserci un punto di controllo che però non troviamo. Contattati gli organizzatori, ci dicono di proseguire tranquillamente in quanto il check point non esiste. Sarebbe il caso di non segnalarlo dunque sul “libro di viaggio” in quanto tende solo a confondere le idee, soprattutto con i QR Code che permettono di non presidiare tutti i check point lungo il percorso.
In discesa raggiungiamo Ponte Nizza e, percorrendo la bella ciclabile della Val Staffora in leggera ascesa, entriamo a Varzi dove questa volta ci attende il primo controllo e ristoro. Recuperata una bottiglietta d’acqua che fungerà da borraccia, siamo pronti a rimetterci in sella. Neanche a dirlo la strada continua a salire, senza rampe impegnative questa volta, fino a varcare i 950m del Passo del Brallo.
La lunga discesa, con qualche tratto in contropendenza, che porta in Val Trebbia, ci permette di recuperare fiato ed energie.
Percorriamo qualche km sulla SS45, fianco a fianco con il fiume blu e la chiesa di Brugnello a fare la guardia. La memoria corre a ritroso ne tempo, quando passammo di qui qualche anno fa durante una delle nostre pedalate domenicali.
A Bobbio ci fermiamo a un nuovo controllo (autogestito) e siamo pronti ad arrampicarci verso il Passo Penice. L’afa la fa da padrona: il Garmin segna 39°, complice il caldo che si leva dall’asfalto tremolate e il fatto che non si senta un filo d’aria. Ben presto le gambe si fanno pesanti, prosciugate di ogni energia e le magliette bagnate di sudore come asciugamani dopo la doccia. Saliamo lenti e ciondolanti, ma a sorprenderci è il fatto che dalle retrovie non sopraggiunga nessuno (scopriremo poi che più o meno tutti hanno sofferto enormemente questo tratto, qualcuno abdicando la salita fino in vetta).
Km dopo km notiamo dei nuvoloni minacciosi oscurare la sommità della montagna. Dei tuoni giungono da lontano come tamburi tribali. Di tanto in tanto qualche solitaria gocciolina di pioggia ci raggiunge, ma dall’asfalto bagnato comprendiamo di aver scampato il temporale. La temperatura precipita di oltre 20° nel giro di 5Km e il fisico, già messo a dura prova dal caldo, va definitivamente fuori giri.
Il tratto più duro, quello che dal Passo porta a Penice Vetta, è un’autentica agonia: le pendenze vanno spesso in doppia cifra e la vista della vetta ancora distante, non placa l’avvilimento. Sono “solo” 3,5Km ma sembrano molti di più!
Eccoci finalmente in cima, dove nelle giornate terse (non oggi) si vede tutta la pianura Padana. Sfatti e logori, inquadriamo il terzo QR Code e ci concediamo una pausa a base ci coca cola e crostata, che divoriamo in pochi istanti.
Rinfrancati, siamo pronti a ripartire e, causa la temperatura passata da “agosto al mare” a “autunno in montagna”, siamo costretti a infilarci le mantelline.
Planiamo dolcemente e, superato il 4° controllo/ristoro, arriviamo alla diga del Molato, dove prendiamo a sinistra verso il Piccolo Stelvio Pavese (534m): simpatica strada fatta a tornanti che ricorda vagamente il fratello maggiore. Sarà per la stanchezza e sarà perché è la quarta volta che lo percorriamo quest’anno, ma un po’ lo malediciamo.
Metro dopo metro iniziamo a sentire il profumo del traguardo, se non fosse che, superata Santa Maria della Versa, la traccia ci fa prendere a destra, dove ci attende l’ultima, gratuita, salita. L’ascesa che porta a Montù Beccaria (277m) è facile e breve, ma ormai le energie sono quelle che sono. Al bar del paese è posto l’ultimo codice di controllo.
Le ultime pedalate sono lungo la frequentata SP10, ma quanto meno la strada è pianeggiante. Un paio di svolte ed eccoci al traguardo, dove possiamo finalmente scendere di sella e tirare un sospiro di sollievo.
E’ stata una faticaccia e un percorso che forse, seppur extreme, abbiamo trovato eccessivamente duro. Pochissimi i tratti di pianura e il clima sicuramente non ha aiutato.
Come nelle precedenti occasioni ci ripetiamo “Oh, per quest’anno basta in Oltrepo”, ma sappiamo che non sarà così.
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