DISTANZA: 620Km |
DISLIVELLO: 12.500m D+ |
PARTENZA / ARRIVO: Talamona (SO) Vedi mappa |
SALITE AFFRONTATE: |
Avevo un conto in sospeso. Un conto aperto datato agosto 2021. Ma si sa: i conti prima o poi vanno saldati. I nodi vengono al pettine, anche se vista la “capigliatura” del sottoscritto, forse non è l’esempio migliore.
Raggiungo Morbegno (SO) nel tardo pomeriggio di venerdì e, dopo una piacevolissima e veloce cena con Paolo e Matteo, gli organizzatori della Stelvio E-Retica, mi rintano nella mia stanza d’albergo per qualche ora di riposo. Avrei voluto trascorrere più tempo con loro, raccontandoci a vicenda le nostre avventure, ma domani mi attendono 600Km e 60 ore di tempo per percorrerli.
La sveglia suona alle 2 e 20. Mezz’ora più tardi sono già in sella, destinazione Talamona dove è posta la partenza di questa folle prova. All’ingresso dell’abitato vengo accolto da due volpi, che fuggono scaltre e impaurite nel buio. Puntuale, alle 3 do il primo colpo di pedale. Si parte!
I primi 50Km, di fondovalle, sono buoni per scaldare le gambe, mentre il cielo ancora scuro non lascia trasparire nulla della giornata che verrà.
A Tirano (SO), cerco un bar aperto, ma è ancora troppo presto. Così, non mi resta che avviarmi verso l’eterna, infinita ascesa che porta al Passo Bernina. Da Tirano ai 2323m del passo, sono ben 33,5Km, quasi tutti di salita fatta eccezione per il tratto di Poschiavo.
Mentre il caratteristico trenino rosso sbuffa spensierato tra le verdeggianti valli svizzere, io mi arrampico verso la vetta. Man mano che salgo, le gambe presentano le loro rimostranze, ma il panorama che via via si apre, ripaga di ogni fatica. Raggiungo la cima bisognoso di una colazione, ma trovandomi in terra Elvetica dove i prezzi non sono propriamente economici, torno sulle mie ruote e proseguo verso la Forcola di Livigno (2315m). Livigno è preso d’assalto dai turisti e vacanzieri, così rimando ancora una volta il meritato e agognato caffè fino all’arrivo sul Passo Eira (2210m).
Un caffè doppio, una fetta abbondante di crostata, una coca cola (si non fateci caso) e sono pronto a risalire in sella. Con un pugno di chilometri di ascesa, raggiungo la vetta del Foscagno (2291m) per poi godermi la lunga discesa che mi conduce a Bormio, punto di partenza di tante belle e alquanto folli avventure degli anni scorsi. Pedalo tra i ricordi, mentre mi avvio verso il Santa Caterina di Valfurva dove mi attende il leggendario Passo Gavia. Prima però mi godo una meritata e veloce pausa per un panino. O meglio, me ne ero fatti preparare 2: uno da mangiare subito, uno più avanti, ma senza far rimpiangere Poldo di Braccio di Ferro, li ingurgito in rapida sequenza.
L’ascesa verso il Gavia, da questo versante, non è durissima, ma vista la sua lunghezza è più che altro logorante. Un temporale e un secondo piovasco, mi tengono compagnia durante la salita, ma in entrambi i casi smette abbastanza rapidamente. In vetta, a quota 2621m, ritrovo il sole e quello spettacolo incastonato tra le montagne che ogni volta mi emoziona.
Un nuovo piovasco mi raggiunge in discesa, che con sorpresa scopro essere stata finalmente riasfaltata.
La lingua di catrame che si arrampica verso i 1883m del Passo Tonale, sale regolare e non presenta né particolari difficoltà, né attrattive. In cima ne approfitto per mettere un altro po’ di carburante nello stomaco, prima di ripartire.
Il lungo tratto in discesa che mi porta a lambire il lago di Santa Giustina mi sorprende: di solito è caratterizzato da un fastidioso vento contrario che ti obbliga comunque a pedalare e da un traffico abbastanza intenso. Oggi invece, entrambi non si palesano, permettendomi di godere delle belle viste che si aprono via via sulla vallata. Superato il lago, la strada riprende lievemente a salire in direzione Passo Palade, che però dista ancora diversi chilometri. Il sole intanto, si nasconde timidamente dietro i profili delle montagne e io, intorno alle 20, dopo 260Km, raggiungo l’abitato di Tret dove ho prenotato un posto per la notte.
La stanchezza si fa sentire, ma dopo una pizza, una doccia e poco più di 4 ore di sonno, sono pronto a ripartire nel cuore della notte. Le gambe rispondono bene lungo i restanti 5Km che mi conducono ai 1508m del Passo Palade. Anche la discesa verso Merano, scorre veloce sotto le ruote e, raggiunta la cittadina, spero inutilmente di imbattermi in un bar aperto.
Diverse ciclabili mi scortano fuori dall’abitato e mi accompagnano lungo il tratto di fondovalle, in costante e spossante ascesa, che porta a Prato allo Stelvio. Lentamente il cielo comincia a schiarire e il sonno mi succhia ruota e energie. Sono costretto a fermarmi due volte, ritagliandomi due microsonni sulle panchine.
A Silandro finalmente trovo un bar appena aperto che mi accoglie con un caffè doppio e una fetta di torta alle albicocche. Due bicchieri di succo di mela dal “carretto self service” che si incontra sulla ciclabile, mi destano definitivamente dal torpore.
In caso contrario, penso che ci avrebbe comunque pensato Lui a svegliarmi.
Eccomi dunque per la 12a volta nella mia vita, ad arrampicarmi goffamente su quel caratteristico andirivieni di tornanti e maestosità che è lo Stelvio. Ogni tratto che percorro è legato a delle emozioni, più o meno belle, ma comunque indelebili. So che prima o poi inizierò a faticare oltremodo, ma lo prendo sempre come il prezzo da pagare per arrivare lassù una volta di più. La cima resta nascosta tra le nuvole bianche fino all’ultimo, per poi aprirsi come un sipario su uno spettacolo. Eccomi ancora una volta ai 2757m dello Stelvio, o StilfserJoch, accarezzato dal sole, mentre sorseggio una coca cola e azzanno una fetta di torta alla quale segue una tavoletta di cioccolato.
Mi avvio in discesa e, raggiunte le prime case cantoniere, a differenza di due anni fa, prendo a destra verso il Giogo di Santa Maria. Questa volta si va avanti.
La giornata è semplicemente splendida e i panorami che si susseguono davanti ai miei occhi incantevoli.
A Santa Maria Mustair la strada riprende a salire. Dapprima lo fa tra pascoli verdi e brillanti, con pendenze pedalabili. I chilometri che mi separano dal Passo Forno si assottigliano, tanto che inizio a chiedermi se davvero debba arrivare a quota 2149m, dato che mi trovo ancora abbondantemente sotto quota 2000. La risposta è racchiusa negli ultimi 5,5Km di salita, nei quali la strada cambia decisamente, con pendenze che spesso e volentieri vanno in doppia cifra tra le rocce arse dal sole.
Raggiungo il Passo e, dopo un altro tratto in salita di circa 4Km, posso finalmente godermi la discesa che in poco tempo mi permette di raggiungere Zernez, caratteristico e allego paese dei Grigioni.
Ancora pochi chilometri di pendenze favorevoli, ma, dopo una svolta a sinistra, lo scorrere delle ruote si placa all’improvviso. Mi alzo sui pedali e inizio a scalare il passo Fluela. Il tratto iniziale è molto impegnativo, ma man mano che si guadagna quota, la salita sembra via via cedere come un pugile ormai sul punto di andare al tappeto. Fortunatamente il cielo si rannuvola e il caldo si fa meno opprimente. Ai 2383m tira anche un vento freddo che mi suggerisce di coprirmi e proseguire in discesa rapidamente.
E’ ormai pomeriggio inoltrato quando raggiungo Davos. La città sembra da subito piacevole e tranquilla. La attraverso godendomi i bei palazzi, le vetrine dei negozi e i visi sorridenti delle persone che vedo in giro. Penso sarebbe carino tornarci con Claudia, ma ora preferisco proseguire e portarmi più avanti possibile finché c’é luce.
E’ ormai ora di cena quando imbocco l’Albulastrasse: la strada che conduce all’ultimo passo in programma. Valuto rapidamente il da farsi: trovare un posto per riposare qualche ora in uno dei paesini di fondovalle o proseguire? Opto per la seconda, confortato dal fatto di sentirmi abbastanza bene e che, secondo i miei approssimativi calcoli, dovrei raggiungere lo scollinamento tra le 22 e le 23. Non troppo tardi insomma. La discesa dal versante opposto, che porta a La Punt, so non essere lunghissima. Da lì in poi si vedrà.
Il tratto iniziale è agevole e ingannevole: fa da antipasto a un chilometro che non vedo mai scendere sotto il 9%. Da lì in poi la strada sale tutto sommato regolare, alternando pezzi duri ad altri dove si può facilmente riprendere fiato.
I due paesi che mi lascio alle spalle hanno ormai le luci accese sulla sera e ben presto mi ritrovo a pedalare immerso nell’oscurità. Qualche macchina mi sorpassa di tanto in tanto, una di queste mi affianca chiedendomi cosa ci faccia lì e se sia tutto ok. Rispondo che va tutto bene e che sto semplicemente pedalando. Più che altro raccontare nel dettaglio cosa stessi facendo, mi avrebbe fatto consumare troppo ossigeno!
In linea coi miei calcoli, raggiungo i 2312m alle 22.30. So di aver concluso tutti i Passi Alpini, ma non voglio lasciarmi andare a inutili entusiasmi, conscio che ci sono ancora 115Km a separarmi dal traguardo.
La discesa che mi accompagna a La Punt è gelida. Raggiunto il paese, mi fermo su una panchina per una “cena” frugale a base di grana e taralli che avevo con me nella borsa. Il tratto che percorro fino al Passo Maloja lo conosco bene. La strada si snoda dritta e buia davanti ai miei occhi stanchi, ma non sento il bisogno di fermarmi. Sorrido quando raggiungo St. Moritz, città notoriamente snob e chic, pensando che la sto attraversando in sella alla mia bicicletta, sudato, sporco e con gli stessi vestiti da due giorni!
Al Passo Maloja riprende la lunga discesa che mi riporta in Italia, non prima di aver perso una buona mezz’ora a Bondo per capire come ovviare a un ponte interrotto per lavori. Da Chiavenna in poi, buona parte del percorso si snoda lungo ciclabili isolate e silenziose. Gli unici incontri da segnalare sono l’ennesima volpe (credo di averne viste almeno una decina) e un grosso daino in sosta sul sentiero Valtellina.
Vedo in lontananza la chiesa di Talamona troneggiare sulle abitazioni ancora assonnate. La luce che illumina il piazzale equivale a una visione paradisiaca. Mi alzo sui pedali per un ultimo sforzo e raggiungere il traguardo in 49 ore e 50 minuti.
Ci sono voluti 2 anni per chiudere questo cerchio di 620Km e spesso durante questa avventura ho pensato che forse questo genere di prove, erano troppo per me. Poi, come spesso accade, ho stretto i denti, pazientato silentemente nell’attesa che svanisse l’ennesima crisi e sono andato avanti, metro dopo metro, pedalata dopo pedalata. E’ difficile descrivere tutti gli stati d’animo che si vivono durante queste sfide: si passa dallo sconforto all’euforia, dal fiato corto all’emozione, dalla fatica alla voglia di andare avanti, in un solo giro di ruota. In fondo forse, quel profilo fatto di continue salite e discese, non è solo l’altimetria della strada, ma anche quello interiore.
Raggiungo Morbegno che inizia ad albeggiare. Un bar aperto mi attende impaziente. Il treno si mette stancamente in moto, mentre gli occhi pesanti si chiudono finalmente per qualche ora.
In uno stato di morte apparente, estraniato dal mondo, mi viene l’idea di provare a scrivere il riassunto di questa avventura in stile La Giornata Tipo (chi segue il basket non faticherà a capire). Ecco il risultato:
– Il fatto che due con i nomi di apostoli, Paolo e Matteo, abbiano creato la “Stelvio ERetica” è uno scherzo vero?!?
– 3 cose sono infinite: i numeri, l’universo e la salita del Bernina
– Vorrei pescare la carta “vai dritto all’arrivo senza passare dal Ga-via”
– Salite a Palade
– Ormai da anni non uso i guantini. Non avevo calli sulle mani cosi neanche a 18 anni
– Al tornante 5 dello Stelvio è posta una stele in memoria della mia rotula
– Castello ululi, passo Fluela
– Non dormo da 30 ore, ma sono lucidissimo. Lo dimostra il fatto che salendo sull’Albula ho staccato il mio compagno di viaggio Tadej Pogacar con una facilità disarmante
– Passare da St. Moritz senza lavarsi da 24 ore e con gli stessi vestiti da 2 giorni è una di quelle cose da fare almeno una volta nella vita subito dopo vedere l’aurora boreale e passeggiare su Las Ramblas
– sono fermamente convinto che Maloja sia l’anagramma di un’imprecazione toscana
Parte e finisce a Talamona la mia Stelvio E-Retica, dopo 620km, 49 ore, 50 minuti, 11 passi alpini e tante emozioni (o forse imprecazioni)
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