E’ il lunedì di Pasquetta, nel cielo terso risplende un sole che richiama tutti ad uscire.
Chi si organizza per una grigliata, chi per un pic nic, chi per un giro al mare, chi per una scampagnata.
Il mio risveglio è lento, gli occhi indecisi tra aprirsi o richiudersi. Salto in sella che sono ormai le 11, destinazione stazione di Pavia. Mi rendo subito conto come il sole sia in realtà uno specchietto per le allodole, dato che non scalda e l’aria è davvero fredda. Si sente ancora nel vento il sapore della pioggia degli ultimi giorni.
Giunto in stazione mi accomodo su una panchina al sole, nel vano tentativo di scaldarmi nell’attesa che sopraggiunga il treno. Altri ciclisti sono in coda per la loro gita.
In pochi minuti sono a Voghera, da dove mi avvio verso Varzi.
Erano diversi anni che non passavo da queste parti e subito apprezzo la varietà del paesaggio, che non ricordavo così bello e vario. Da una parte il lento e vispo scorrere del torrente Staffora, dall’altra le colline verdeggianti, intervallate da campi multicolori. E’ davvero uno spettacolo che mi fa dimenticare il freddo, complice anche la strada il leggerissima ascesa.
Nonostante percorra la strada provinciale 461, il traffico è praticamente assente, complice probabilmente la giornata di festa e l’orario ormai prossimo all’ora di pranzo.
Passo da Rivanazzano, Salice Terme, Godiasco, Ponte Nizza e Bagnaria prima di giungere a Varzi dopo una trentina di chilometri.
Noto subito i cartelli per i più noti Passo Penice e Brallo, ma la mia meta è il Passo di Pietragavina, piccolo borgo sugli 800m la cui salita inizia subito dopo il centro di Varzi.
Non si tratta di una salita lunga, 6 km circa, ma soprattutto all’inizio le pendenze si fanno sentire sotto le ruote.
E’ comunque un’ascesa che lascia modo di respirare e recuperare energie, intervallando strappi secchi a tratti più dolci e pedalabili. La vista, man mano che si sale, può spaziare a 180° sulle vette ancora innevate dell’appennino.
Giunto al centro del paese, ho la netta sensazione di essere tornato indietro nel tempo: il borgo è dominato dal castello, che sembra scrutare ogni cosa dall’alto. Mi alzo sui pedali, inerpicandomi attraverso viottoli disegnati nel tempo, sino alla fortezza. Da qui la vista è splendida, ma l’aria gelida mi spinge a coprirmi e rimettermi in marcia.
La discesa sino a Varzi è rapidissima e mi riporta nella realtà dei giorni nostri.
Percorrendo la stessa strada dell’andata, mi dirigo rapidamente verso Voghera. La strada, ora in leggera discesa, è molto veloce anche se qualche macchina in più e delle folate improvvise di vento disturbano il mio rientro.
In stazione ritrovo alcuni dei temerari incontrati all’andata. Sorridiamo infreddoliti, mentre il treno ci riporta a casa.
Sono ormai le 19, le ombre si allungano sull’asfalto e il sole si fa dorato, mentre con stanca andatura ciondolante, percorro gli ultimi 20 km che mi separano da casa.
Vuoi per il vento, il freddo, o i 112 km totali di giornata, trovo subito conforto tra le pieghe del divano. Mi sveglio che fuori è ormai buio e la domanda vien spontanea: ho sognato o ero tornato davvero nel Medioevo?