Senza quasi che me ne accorgessi, è arrivato l’autunno.
Me ne rendo conto perchè, pedalata dopo pedalata, le giornate si fanno sempre più corte e le ombre sull’asfalto sempre più pallide.
Le foglie hanno iniziato a cadere, disegnando tappeti variopinti sul terreno e, quelle rimaste aggrappate agli alberi coi denti, si sono fatte via via gialle e rosse.
I raccolti nei campi sono quasi ultimati e ora anche la terra può riposare in attesa di una primavera ancora troppo lontana.
Capisci che l’autunno è arrivato quando non sai più cosa metterti per uscire in bici, o per uscire in generale: se ti copri stai bene la mattina e hai caldo la sera, se ti copri poco stai bene la sera e batti i denti la mattina. Allora ti vesti a cipolla, ma non sempre fai comunque la scelta giusta.
L’estate, quella che a Milano è arrivata solo a brevi tratti, ha definitivamente lasciato la città ed è partita per altri lidi. La vedremo, speriamo, tra un anno.
Sbiadito il sole, sono arrivate le prime nebbie mattutine, che avvolgono tutto dando a ogni cosa una dimensione diversa. Tutto si fa ovattato e misterioso.
Poi è stata la volta del grigio e della pioggia, che già due o tre volte mi ha fatto arrivare fradicio a destinazione. Poco male perchè l’autunno non regala solo nebbia, grigio e pioggia, ma anche splendide albe e colori mozzafiato. E se non ci fossero le giornate grigie, forse non apprezzeremmo a dovere tutto il resto.
Le farfalle, che spesso accompagnavano i miei giri in bicicletta, sono sparite e al loro posto ora sono arrivati gli aironi, che cercano cibo, caldo e riparo nei canali, ai bordi delle strade. Animali strani: tanto goffi sulla terra, quanto maestosi appena spiccano il volo.
A proposito di canali: mi mette una certa tristezza vedere i Navigli Milanesi praticamente vuoti e mi fa ribrezzo vedere tutti gli oggetti, gettati via senza cura dall’uomo, che emergono dai fondali. Gomme di auto, carrelli della spesa, motorini, passeggini ecc…
Assurdo.
Forse un giorno ci renderemo conto che continuare a maltrattare l’ambiente che ci ospita e che ci tiene vivi, non ha alcuna logica. Speriamo solo, non sia troppo tardi.
Capisci che è autunno quando il rumore sotto le tue ruote non è più quello dell’asfalto impolverato, ma diventa uno scricchiolio di foglie e gusci di ghiande. Altri giorni invece diventa un fruscio d’acqua, che lascia una scia come quella degli aerei che volano nel cielo. Mentre pedalo e li guardo, mi chiedo sempre dove stiano andando. E allora sogno.
Capisci che ormai non è più estate quando cominci a comprare la zucca, a cucinare zuppe calde per ritemprarti dai primi brividi. Quando passi le serate sul divano, avvolto nel plaid, guardando un film nostalgico in tv.
Le montagne, che hanno occupato i miei pensieri e le mie pedalate estive, si sono fatte silenziose e distanti, invisibili ormai all’orizzonte. Vorrei regalare loro un ultimo saluto prima della fine dell’anno… E qualcosa forse mi frulla per la testa, anche se per ora è solo un’idea e non so se rimarrà tale.
Anche la stagione ciclistica professionistica è ormai giunta al termine, con le ultime emozioni del mondiale di Ponferrada e della classica delle foglie morte. In entrambi i casi, poche soddisfazioni per l’Italia.
Intanto è stato presentato il Giro 2015: un giro diverso, curioso, ma col rammarico che non toccherà il sud e le isole.
In una tiepida e insonne notte di questo autunno, ho anche finito di scrivere ciò che tentavo di concludere da anni. La soddisfazione è stata immensa e mi sono commosso da solo. Senza dormire, ho preso la bici e sono andato al lavoro. E allora ho capito che per ogni cosa c’è un momento, bisogna solo avere pazienza, farsi trovare svegli e pronti.
O forse siamo un po’ come gli aironi: goffi se restiamo coi piedi per terra, maestosi quando spicchiamo il volo… Anche se lo facciamo nel cielo grigio d’autunno, alla ricerca di una splendida alba, barcollando sui pedali.