La prima rando non si scorda mai

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Gli ultimi giorni della settimana sono funestati da pioggia e vento. Tutto ciò non fa altro che aumentare a dismisura i miei dubbi. Quasi fosse però un segno del destino, per domenica le previsioni non sono così pessime. Punto la sveglia alle 5.15. Valuterò.

Guardo fuori dalla finestra: l’asfalto è asciutto e il cielo ancora scuro non sembra essere sovrastato dalle nuvole, intanto il profumo di caffè riempie la cucina. Proviamoci. Carico la bici sull’auto e parto, destinazione Nerviano, paese alle porte di Milano da dove prenderà il via la Randonneé del Ticino. Il tempo di iscrivermi, prepararmi e arrivano le 8. Si parte. Mi attendono 200km, pianeggianti, ma pur sempre 200km. La mia prima randonneé.

Mi impongo di non farmi prendere dalla smania di andare, ma di mantenere un ritmo tranquillo, nelle mie corde, che mi permetta di arrivare in fondo senza avere visioni mistiche. Mi accodo così a un gruppetto di una decina di persone che mi sembrano tenere un’andatura moderata. Pensavo 27 / 28 km/h, invece dopo una decina di km la media è sopra i 30. Non faccio fatica però, così rimango con loro. I primi 50km scivolano via senza problemi, sotto un cielo che si rasserena nonostante l’aria fresca persista. Senza che me ne accorga sono già in Piemonte, nel Novarese, dove il tracciato piega verso sud. Insieme agli altri randagi, percorriamo strade deserte di campagna, con scorci contadini bellissimi, anche se non ci si può distrarre troppo a guardare il panorama per via dell’asfalto che è spesso disconnesso.

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Sul contachilometri la distanza aumenta velocemente e in men che non si dica rientriamo in Lombardia e arriviamo, dopo 97 km, al controllo e rifornimento di Celpenchio, minuscola frazione in provincia di Pavia. Il tempo di registrare il passaggio, mangiare qualcosa da fermo, togliere la mantellina, riempire la borraccia e si riparte. Mi accodo allo stesso gruppo della mattina e insieme scolliniamo oltre la metà del percorso. Momento fondamentale a livello psicologico perché da lì in poi, puoi fare il conto alla rovescia. Le gambe girano bene e non avverto particolari problemi.

Al km102 però ecco l’imprevisto che non ti aspetti: prendo in pieno un incrocio tra buca, voragine e cratere e sento immediatamente la ruota posteriore esalare l’ultimo respiro. Bucato. Accosto e, senza farmi prendere dal panico, dalla rabbia o dall’agitazione, ribaldo la bici e smonto la ruota per cambiare la camera d’aria. Intanto, i miei compagni di giornata, diventano un puntino lontano, per poi scomparire nella campagna pavese. Svariati gruppi di randagi mi sorpassano e si dissolvono all’orizzonte.

Dopo circa mezzora sono pronto a ripartire. Guardo alle mie spalle, ma non vedo gruppi sopraggiungere, così come davanti a me non vedo ciclisti. Sono da poco passate le 12 quando, in solitaria, riprendo a pedalare. Nonostante sia solo, riesco a tenere un buon ritmo e, dopo poco meno di 40km, vedo comparire sulla lingua d’asfalto, sagome di ciclisti famigliari: randagi come me, in pellegrinaggio verso Nerviano, punto di partenza e arrivo.

Mi sento in qualche modo rincuorato, non che mi fossi agitato prima, ma ho la sensazione di essere rientrato nei ranghi.

A darmi ulteriore tranquillità c’è il tracciato che, dal km130 al km160, scorre su strade a me note e che conosco a memoria. A Bereguardo mi ritrovo a circa 10km da casa, mentre raggiungo un altro gruppo di temerari. Gli sguardi cominciano a essere stanchi, le pedalate pesanti, ma personalmente mi sento bene e così proseguo col mio ritmo.
Arrivo al km172, dove è posto il secondo controllo e rifornimento di giornata. Sento ormai il traguardo a portata di mano e, quasi smanioso di raggiungerlo, riparto. Sento l’emozione salire di pedalata in pedalata. Arrivato a Casorezzo, a una manciata di respiri dal traguardo, mi ritrovo a passare in mezzo a carri festanti di carnevale. Pedalo leggero tra coriandoli e stelle filanti che mi piovono addosso come le emozioni che sento.

Il traguardo arriva in men che non si dica e la soddisfazione è immensa nel riceve il brevetto giallo che mi promuove ufficialmente a randagio. 7 ore e 34′. Fino a pochi anni fa, non avrei mai immaginato di poter coprire tale distanza in bici. Oggi invece, dopo tanti km percorsi in sella, non è più utopia, ma è realtà.

Dicono che la prima randonneé non si scorda. Sono certo sarà così e paradossalmente, il fatto di aver forato, di essermi ritrovato da solo per svariate ore, la rendono oggi, a mente fredda, ancora più indelebile.

Percorso