Ho sempre visto molte similitudini tra la bicicletta e la vita, una sorta di parallelismo che spesso mi ha insegnato cose che poi ho ritrovato anche una volta sceso di sella.
Week end di fine luglio, decido di trasferirmi per un paio di giorni a Boario Terme, dove ho appuntato un po’ di salite mai affrontate.
23 luglio
Giungo in Val Camonica verso le 9,30 mentre dal cielo grigio ricolmo di nubi, scendono copiose gocce di pioggia.
In giro i più saggi dicono che col passare delle ore il tempo migliorerà. Lo spero e mi avvio speranzoso lungo la vallata pianeggiante. In 10km sono a Cividate Camuno, dove hanno inizio le prime fatiche di giornata. Da qui infatti la strada prende a salire verso il Passo Crocedomini (1892m). Il tempo sembra effettivamente migliorare, o per lo meno piove appena, nei primi 4 facili km di ascesa che mi portano a Biennio. Da qui pendenze e clima subiscono un cambio repentino: la salita si fa decisamente più impegnativa con pendenze che si attestano costantemente intorno all’8% o più; mentre dal cielo la pioggia riprende a scendere con intensità. In uno dei tratti più duri (pendenze sino al 14%), immerso nel bosco, riesco quanto meno a riparami un po’ passando sotto i rami protesi verso il manto stradale. Appena la visuale si apre noto come nuvole scure occupino tutto lo scenario.
Sono ormai fradicio, pioggia e sudore si fondono in gocce comuni che scivolano via lungo il corpo, ma sono ormai ben oltre metà ascesa e allora mi convinco ad andare avanti. Mancano circa 7km di ascesa, mentre 15 se ne sono ormai andati. Della salita restante, il tratto impegnativo sono i primi 4km, mentre i successivi 3 sono una sorta di falsopiano che mi conducono al passo.
La gioia di un’altra vetta raggiunta è presto spazzata via dalle condizioni climatiche: una fitta nebbia risale da valle e in men che non si dica sono avvolto da una foschia degna delle risaie del pavese in autunno. Un vento freddo soffia senza sosta e la pioggia si fa sempre più insistente.
Mi sistemo sotto un riparo di fortuna, attendendo speranzoso che la situazione migliori.
Dopo un’ora e trenta di attesa, non solo la situazione non è affatto migliorata, ma nonostante i guanti, il collare, la fascia in testa e il giubbottino, sono praticamente congelato… Complice anche il fatto di indossare comunque abiti fradici.
Il mio giro prevedeva di scendere dal versante opposto e tornare a Boario Terme scalando il Passo Maniva prima e il San Zeno poi. Sono ormai le 14.30 e devo desistere: non ci sono le condizioni, sarebbe troppo rischioso e probabilmente il mio giro si protrarrebbe sino a tardi, visto che dei 120km totali, ne ho percorsi 35.
Ancora una volta mi rendo conto come la natura e in particolare la montagna, siano nettamente più forti. Una volta di più mi convinco come il riuscire o meno a scalare un passo dipenda il 50% dalle gambe, il 30% dalla testa e il 20% dalla montagna.
Con la massima cautela decido di scendere dallo stesso versante dal quale sono salito. La pioggia mi colpisce in faccia quasi fossero manciate di sabbia lanciatemi addosso con violenza.
Giungo a valle e tiro un sospiro di sollievo. Mi avvio desideroso di una doccia calda, verso il punto di partenza. Forse commetto l’errore di pensare che il peggio sia alle spalle, o forse è solo casualità, ma fatto sta che a un passaggio a livello coi binari fradici per la pioggia, la bici sguscia via da sotto il mio sedere come un’anguilla dalle mani. Cado rovinosamente a terra riportando abrasioni al ginocchio e al gomito, botte al costato, al fianco e soprattutto alla coscia. Anche la bici riporta qualche danno: forcella anteriore segnata, manubrio piegato e deragliatore storto. Sistemo il sistemabile, sia per quel che mi riguarda che per il mezzo meccanico e riparto in cerca di una farmacia.
La giornata si conclude disteso a letto con la parte sinistra del corpo dolorante, due fasciature e l’umore sotto le suole. Nel cielo intanto si rivede finalmente il sole tanto atteso e ho l’impressione che anche lui voglia prendersi gioco di me oggi.
Percorso:
Altimetria:
24 luglio
Nella notte mi sarò svegliato almeno 10 volte: a ogni tentativo di girarmi nel letto dal lato sinistro. Fatico a camminare e anche da seduto sento dolori un po’ ovunque. Scruto il cielo, mentre sorseggio il caffè accompagnato da una fetta di crostata. Azzurro e grigio si fondono tra nuvole che corrono veloci senza meta. Un po’ di blu lo noto sulla mia pelle come risultato del capitombolo di ieri. Sono indeciso sul da farsi: il meteo, per quanto incerto, non sembra malvagio. I dubbi riguardano soprattutto me stesso. Il signore dell’hotel cerca di rassicurarmi dicendomi che non pioverà sino al tardo pomeriggio. Resto lì seduto. Penso che con la bici, come nella vita, capita di cadere, di soffrire, di fallire, di farsi male. L’importante però è rialzarsi, non mollare e lottare. Dare tutto insomma. Sempre. Non è detto che sarà abbastanza, ma sarà abbastanza per noi stessi, indipendentemente dal risultato.
Mezz’ora più tardi sono in sella: pedalo seguendo i cartelli per Edolo, badando a non imboccare SS42. La evito senza grossi problemi (da tenere presente anche la ciclabile della Val Camonica) e giungo a Forno Allione. Senza rendermene troppo conto ho ormai percorso 35km, seppur pianeggianti. Non mi sono posto obbiettivi per la giornata odierna: ho un giro in mente, ma viste le condizioni fisiche sono partito ripetendomi “Continuo solo se me la sento, finchè riesco”. Già il solo fatto di essere in sella il giorno dopo la caduta mi rende in qualche modo orgoglioso, in pace con me stesso.
Forno Allione però è “il punto di non ritorno” perché da qui inizia la salita verso il Passo del Vivione (1828m). Le botte si fanno sentire, ma ho comunque la sensazione di sentirmi meglio pedalata dopo pedalata. Inizio l’ascesa che, dopo una prima serpentina che riporta la mia memora a Lombard Street a San Francisco, nei primi 12km si snoda al fresco, immersa nel bosco alternando tratti più duri ad altri dove si ha modo di respirare e recuperare energie. Ad attrarre la mia attenzione sono i tanti tronchi scolpiti. Raffigurano per lo più animali, funghi o visi.
I restanti 8km sono i più impegnativi: le pendenze si fanno costanti e in diversi tratti raggiungono e superano il 10%. Il bosco nel frattempo si dirada, lasciando spazio al panorama che si apre sulla vallata, dominata da un sole meno timido delle ore precedenti. La fatica comincia a farsi sentire, ma sono ormai al termine dell’ascesa. Nell’ultimo km la strada praticamente spiana e mi conduce al passo, dove tra pascoli verdeggianti sorge l’omonimo rifugio.
Qualche minuto di pausa e mi getto in discesa, fatta di curve e controcurve intarsiate in panorami sorprendenti. Giunto a Dezzo di Sclave inizia la seconda ascesa di giornata: il Passo della Presolana (1297m). Sulla carta sono 8km di ascesa che, rispetto ai 20 del Vivione, sembrano una passeggiata. I primi 3km in effetti risultano pedalabilissimi, ma giunti alla galleria paravalanghe la strada si impenna verticalmente con cartelli in successione che segnalano pendenze del 14%. Fino all’ultimo km è una vera faticaccia, sento il sudore scendere copiosamente sulla fronte, sulla schiena e sulle braccia. Fortunatamente negli ultimi 1000 metri le pendenze si fanno meno severe e il cartello del passo mi viene incontro.
Le fatiche di giornata sono ormai finite e finalmente sorrido ricordando i dubbi mattutini. Scendo dallo stesso versante dal quale sono salito e mi sorprendo nel notare la velocità che prende la bici su quelle pendenze.
Tornato a Dezzo di Sclave, imbocco sulla destra la SP294. Si tratta di una strada scavata in una gola con pareti rocciose slanciate verso il cielo. Sfortunatamente bisogna passare anche 3 gallerie chiuse piuttosto lunghe. Non si resta sotto molto in quanto, prese in questo senso, risultano in discesa e con un faretto posteriore ce la si cava tranquillamente.
Giungo così a Boario Terme dopo 106km, felice e soddisfatto. Mi rendo conto come in un solo giorno la bici mi abbia tolto e ripagato di tutto, cosa che non sarebbe mai accaduta se non mi fossi rialzato prontamente, rimontando in sella. La stessa cosa vale nella vita quotidiana. Mai arrendersi, mai restare lì a piangersi addosso.
Mentre scrivo le ultime righe di questo mio report, le botte si sono per buona parte riassorbite e sulle ferite ho già tolto le fasciature. A dare più fastidio resta la botta sul costato, dal lato sinistro, quello del cuore…. Ma forse resta lì semplicemente a ricordarmi di essere vivo.
Percorso:
Altimetrie:
Passo del Vivione
Passo della Presolana
Foto: