Il giro di un lago, di solito, è un significativo banco di allenamento per la stagione invernale. Permette di fare un buon chilometraggio su strada, un discreto dislivello senza alzarsi troppo di quota, beneficiare dell’assenza di traffico, bei panorami e temperature più miti, rispetto a quelle più rigide delle colline o dell’aperta campagna.
E’ con queste prerogative che Claudia e io decidiamo di compiere il periplo del lago di Como.
Siamo ancora agli inizi di gennaio e, nonostante le belle giornate di sole che riserva questo assaggio di 2020, le temperature, soprattutto la mattina, sono sempre di qualche grado sotto lo zero. Sul Lario, invece, i principali siti internet di meteorologia, danno temperature di un pugno di gradi sopra.
Carichiamo le bici in macchina e, verso le 8.15, siamo ormai in vista di Como, ancora raggomitolato nel classico dormiveglia inerme della domenica mattina. Negli ultimi km chiusi nell’abitacolo, ci chiediamo quando le temperature saliranno, visto che il cruscotto della macchina segna -2° da ormai diverso tempo. Entrati in città, guadagniamo 3°, passando a +1°. Non molto, difatti finiamo di prepararci e montiamo in sella velocemente per non congelarci troppo rimanendo fermi.
Prendiamo come punto di partenza il cimitero monumentale, che rimane vicino al centro e conta diversi parcheggi (a pagamento solo nei giorni lavorativi). Poche pedalate e siamo sulla sponda del lago, che decidiamo di percorrere in senso orario (consigliato), tenendo quindi le acque sulla nostra destra. Ci avviamo verso nord sulla sponda occidentale e, giunti a Cernobbio, imbocchiamo via Regina, che seguiamo fino a Torrigia, evitando così la SS340. Subito dopo l’abitato ci riuniamo con la statale, che seguiamo fino a Menaggio, fatta eccezione per un breve tratto a Brienno, di modo da evitare la galleria. Tra un saliscendi e l’altro, raggiungiamo Menaggio dopo 36Km, mentre il sole prova a sollevarsi oltre le creste delle propaggini circostanti. Nell’abitato, dobbiamo prestare attenzione perché la SS340 si divide: la strada che prosegue dritta si stacca dalla costa e, in ascesa, conduce al lago di Porlezza. Noi invece prendiamo a destra: le indicazioni da seguire sarebbero quelle per ‘Sondrio’ e ‘St. Moritz’, ma sopraggiungendo da Como non si vedono perché sono sul lato destro della strada.
Lasciato il paese alle spalle, iniziano una serie di gallerie in rapida successione, che però sono tutte evitabili prendendo la strada ciclabile che corre parallela a ognuna di esse. L’ultima è poco prima di Dongo, che raggiungiamo dopo 50Km e dove ne approfittiamo per una sosta caffè e brioche. Ripartiamo dopo pochi minuti, rinfrancati da un cielo terso e un timido sole (5° la temperatura massima di giornata), ma ostacolati da un’aria fredda che ci spira sul viso da nord-est.
A Sorico siamo nel punto più a nord del nostro giro: le alpi innevate fanno da sfondo a un orizzonte non troppo lontano, mentre attraversiamo il ponte sul fiume Mera. Imbocchiamo a destra la SS36, cominciando la nostra discesa verso sud sulla sponda orientale. Rimaniamo sulla statale solo per pochi chilometri però perché, appena superato il ponte sull’Adda, alla prima rotonda imbocchiamo la strada sulla destra seguendo le indicazioni per ‘Sant’Agata’. Superato il passaggio a livello in prossimità di Trivio Fuentes, prendiamo nuovamente a destra raggiungendo, in pochi minuti, la SP72.
E’ da poco passato mezzogiorno, il traffico è pressoché inesistente e, in tutta tranquillità, seguiamo la provinciale che attraversa, uno dopo l’altro, gli abitati di Colico, Dorio, Dervio, Bellano (famoso per l’orrido), Varenna, Fiumelatte, Lierna, Olcio, Mandello del Lario (sede storica della moto Guzzi) e Abbadia Lariana. Purtroppo, in inverno, questo caratteristico tratto che fiancheggia la montagna, è per buona parte all’ombra dato che il sole resta piuttosto basso e i suoi raggi non raggiungono l’asfalto, come ci dimostra la sede stradale ancora umida a metà giornata.
Abbiamo ormai percorso 104Km quando raggiungiamo Abbadia Lariana e qui ha forzatamente inizio il tratto meno bello del periplo: siamo infatti costretti a percorrere per circa 2Km la SS36 che, in questo tratto, è a due corsie per senso di marcia con le auto che sfrecciano a velocità sostenuta. Badate: non è assolutamente vietato il transito alle bici (anzi pare sia permesso percorrere questo tratto anche a piedi 😯 😯 ), ma è più che mai auspicabile procedere in fila indiana e accendere la luce posteriore, dato che va attraversata una galleria. Ci lasciamo velocemente alle spalle questo tratto poco piacevole e, alla prima uscita, prendiamo a destra seguendo le indicazioni per ‘Melgrate / Bellagio’. Qui ha inizio una bellissima ciclopedonale (e ci viene da chiederci se non era più utile farla 2 Km prima) che ci accompagna fino al centro di Lecco.
Passato il ponte che segna il confine tra il lago e l’Adda, seguendo per due volte a destra le indicazioni per ‘Bellagio’, imbocchiamo la SP583. Qui ricominciamo la nostra risalita verso nord e, dopo pochi chilometri, ci troviamo a dover percorrere due lunghe gallerie. Niente di traumatico a parte la lunghezza, perché sono ben illuminate e la strada poco trafficata in questo periodo. Accendiamo comunque le luci e, in rapida sequenza, ci lasciamo alle spalle i due tunnel, rispettivamente di 1,6 e 2,2Km.
Bellagio dista ormai 15Km e, anche se i saliscendi si fanno via via più pronunciati, i panorami che si susseguono davanti agli occhi, ripagano di ogni fatica. Raggiungiamo così il rinomato abitato, reso celebre tra gli stranieri dall’omonimo hotel/casinò di Las Vegas e dal grattacelo di 60 piani di Hong Kong. Tra noi ciclisti, invece, Bellagio richiama alla memoria il punto di partenza per salire al Ghisallo. Superiamo l’imbocco della salita e, con una piccola deviazione, entriamo nel centro del paese per una veloce pausa caffè.
Abbiamo ormai percorso 130Km e la stanchezza comincia a farsi sentire, ma risaliamo in sella avviandoci nuovamente verso sud, per fare ritorno a Como. In una quindicina di Km siamo a Nesso, dove ci lasciamo sulla sinistra la strada che porta alla Colma di Sormano e l’orrido. Gli ultimi 20Km sono i più nervosi, fatti di continui strappi e discese, mentre gli ultimi, stanchi, raggi di sole di queste brevi giornate invernali, si esauriscono e si spengono come candele sopraffatte da un soffio di vento.
Como è ancora brulicante di persone intente a godersi le ultime sfumature del cielo, mentre seguendo il corso delle acque sempre più scure, facciamo ritorno al punto di partenza dopo 165Km e quasi 7 ore in sella.
E’ stata una giornata lunga e faticosa (1300m D+ alla fine), soprattutto per il freddo che ci ha accompagnato per buona parte del percorso, ma è forse il periodo migliore per godersi i bei panorami con la dovuta tranquillità.
Il nostro itinerario
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