La primavera è ormai esplosa in tutta la sua spettacolarità: nel cielo azzurro e fresco di aprile, nelle giornate che si allungano sempre più, nel profumo variopinto dei fiori, nell’erba dei prati tenera umida e morbida, nel sorriso delle persone che fa capolino sui volti spensierati della domenica dopo il buio inverno.
Non mi è mai capitato, al mese di aprile, di aver già messo così tanti chilometri nelle gambe. Neanche mi stessi preparando per chissà quale sfida, quale gara… In realtà sento semplicemente una voglia di faticare e pedalare spensierato ancora più forte degli scorsi anni. E allora si va. Gli ultimi giorni li ho passati girovagando nella campagna e nei paesi del parco agricolo sud Milano, così opto per una pedalata in Oltrepo’, a Bressana Bottarone, punto di partenza della mia escursione domenicale. Scruto l’orologio: è quasi mezzogiorno e voglio assolutamente essere a casa presto per vedere la Parigi-Roubaix.
Giunto a Casteggio, prendo a salire verso Montalto Pavese: 7,6 km di ascesa per arrivare ai circa 400m di altitudine del paese. Una salita facile, che lascia ampi margini di respiro per polmoni e gambe. Il tratto più duro è nei primi 2 km, dove la strada raggiunge punte del 9%. Salendo non si può restare indifferenti alla moltitudine di vigneti che occupano ogni spazio disponibile.
La discesa verso Lirio è abbastanza tortuosa, con tratti di asfalto sconnessi, tipici di queste strade un po’ selvatiche, che mi fanno pensare inevitabilmente alle pietre della foresta di Arenberg, autentica tortura per bici e ciclisti, nonchè porta di accesso per la gloria eterna.
La discesa sotto le mie ruote nel frattempo viene meno, svolto a destra verso Rocca De’ Giorgi e riprendo inesorabilmente a salire lungo una stradina stretta e sgraziata che mi accompagna sino ai 400m di Caseo. Un secondo gradone ed eccomi ai 500m di Pometo, un terzo e ultimo gradone per arrivare ai 600m e spicci di Carmine.
Dopo un breve tratto di pendenze favorevoli, la strada si mantiene in quota con diversi saliscendi sino a dopo Torre degli Alberi.
E’ finalmente il momento di godersi un po’ d’aria spensierata da discesa, che spinge le ruote del mio destriero sino a Borgoratto Mormolo. Mi fermo per dissetarmi e godermi il panorama. I miei pensieri si perdono osservando il monumento ai caduti, con quell’aquila che sembra voler spiccare il volo verso le colline antistanti da un momento all’altro. La osservo e mi sento pervaso inevitabilmente dalla voglia di salita, di fatica, di spettacoli mozzafiato. I passi alpini si susseguono come figurine nella mia mente: quelli fatti e quelli ancora da scalare. Ci vedremo presto, mi dico. Torno alla realtà e noto con sorpresa che sono ormai le due e trenta del pomeriggio. Cosa starà facendo Cancellara? E Sagan? Avranno staccato tutti?
Rimonto in sella e, illudendomi all’idea che il mio pensiero di Spartacus mi renda un po’ come lui, comincio a mulinare un rapportone lunghissimo (almeno secondo me 😀 ). Gli avversari immaginari alle mie spalle, mi chiedono umilmente pietà e si staccano uno dopo l’altro stremati dalla fatica. Volti scavati dal sudore propongono espressioni straziate nel vano intento di impietosirmi. Io non mi curo di loro, li guardo e pedalo via!
Tornato a Casteggio percorro un tratto di pavè. Mi aspetto da un momento all’altro di trovare l’ingresso del velodromo e godermi a occhi chiusi il boato festante della folla. Giungo invece al punto di partenza dove ad accogliermi c’è un anziano signore che mi guarda, grondante come un gelato lasciato al sole, e sorride. Lo saluto, mentre carico la bici e mi avvio verso casa. Sono ormai le tre passate e mi maledico da solo per non essermi sbrigato prima. La classica delle pietre sta scivolando via, come ruote sul porfido umido.
Entro in casa, butto borraccia, zaino e quantaltro dove capita senza cura e siedo per terra. Vorrei farmi la doccia, ma accendo la tv. La doccia può attendere. Mancano ormai 25km al traguardo e 5 davanti. Niente Sagan e Cancellara, attardati entrambi. Sep Vanmarcke prova ad allungare con un numero di puro equilibrismo in uno dei tratti di pavè, ma viene ripreso. A turno tutti provano a scattare, ma nessuno dei 5 ha abbastanza energie per staccare gli altri. Dopo una serie infinita di scatti e controscatti più dettati dal cuore che dalle gambe, si ritrovano tutti e 5 nel velodromo, al cospetto del suono della campana che indica l’ultimo giro di pista. Vince Matthew Hayman, australiano quasi 38enne, che si regala il successo della vita. Tom Boonen si ferma a pochi centimetri dalla leggenda e dal 5° successo nella classica delle pietre. A seguire Stannard, Vanmarcke e Boasson Hagen. In fondo ne è valsa la pena mulinare quel lungo rapporto per chilometri e chilometri: ora ho un bel mal di gambe, ma così sono riuscito a vedere il finale di corsa. Avviandomi verso la doccia volgo un ultimo sguardo alla tv: “Ringraziate che a Casteggio non abbia trovato l’ingresso del velodromo, altrimenti il traguardo a braccia alzate, lo avrei tagliato io”.
Percorso:
Altimetria:
Foto:
From Passo Penice e Valverde. Posted by Ivan Folli on 4/25/2016 (5 items)