Appena finita l’ultima pedalata dell’anno, ormai agli sgoccioli e, come mi capita alla fine di un capitolo, eccomi qui a tirare le somme di un anno passato sui pedali.
Lacrime di pioggia
Prendo spunto dall’omonima canzone di Venditti, per ricordare la prima parte del 2013. Una prima parte difficile. Dura moralmente per una pace interiore che non avevo e dura fisicamente per il tanto freddo e pioggia presi. Lacrime dal viso e dal cielo. Ricordo in particolare due episodi: il primo è una pedalata furibonda sotto una pioggia battente, gelata. Avevo tanta rabbia dentro e sentivo il bisogno di scaricarla sui pedali. Rientrato a casa, fradicio, mi sono dovuto coprire, appoggiarmi al calorifero e mettere i piedi a bagno nell’acqua via via sempre più calda. Dopo una buona mezz’ora ho ripreso a sentire il mio corpo. Non so se fosse sulla via dell’ipotermia.
Il secondo episodio riguarda la Milano – San Remo, che tutto è stata tranne che la classica di primavera. Tutto pimpante ero andato alla partenza della corsa e sono rincasato, anche allora gelato e fradicio, cercando di inseguire i ciclisti, finiti poi ibernati sotto una nevicata d’altri tempi. Ciclismo eroioco.
I primi soli
I primi squarci di sole, morale e fisico, li ho bene in mente e sono anch’essi due: il primo quando, a metà febbraio, tra cumuli di neve e ghiaccio, percorsi un giro di circa 70 km in Friuli, sul lago di Tramonti. Faceva freddo, silenzio, ma nel cielo splendeva un sole lontano che donava serenità.
Il secondo momento di sole che ricordo con estremo piacere è il 4 maggio, giorno in cui con gli amici di “Muoviti Pavia” abbiamo raggiunto Piazza Duca D’Aosta a Milano per manifestare per una Mobilità Nuova. Tornai a casa con la pelle arrossata, tante emozioni e tanti nuovi amici.
Il Giro d’Italia, a fine maggio, ha salutato finalmente una stagione troppo fredda e piovosa.
La serenità ritrovata
E’ arrivata poi lentamente l’estate e con lei il momento del viaggio da Milano all’Isola d’Elba. Anche qui ci sono due immagini che ritrovo mentre scrivo e mi porto dentro: una è la scalata del passo della Cisa. E’ stata sicuramente la giornata fisicamente più dura di tutto l’anno, ma credo anche una delle 3 più dure di tutta la mia vita ciclante. Faceva un caldo torrido e arrampicarmi su quei tornanti senza un solo metro d’ombra, con la tenda e le borse, è stato un vero calvario. Ma che soddisfazione avercela fatta!
La seconda immagine che ho impressa nell’anima è invece quella delle ultime rampe in salita prima di raggiungere Lacona. Stavo percorrendo il giro della parte ovest dell’Isola e quell’inaspettata salita di 5 chilometri ha fatto si che mi riconciliassi definitivamente con me stesso, lasciandomi tutto alle spalle. Ricordo il caldo, la fatica e quella miriade di farfalle che mi si facevano in contro, posandosi sul manubrio della bici e sulle braccia sudate e stanche. Lì ho ritrovato la pace.
L’estate, non troppo calda, si è fatta via via apatica. E’ così che un giorno, senza aver programmato niente, sono partito per un giro improvvisato sul Lago d’Iseo. 3 giorni sui pedali e 300 Km percorsi.
Oltre le nuvole
La scalata dello Stelvio è stata l’impresa della quale vado più orgoglioso e che mi regala ancora oggi brividi e pelle d’oca. Una giornata semplicemente perfetta che mi ha spinto a raccontare, o almeno provarci a farlo, le emozioni sentite. Ma forse le emozioni si possono solo vivere e per quanto ti sforzi di raccontarle, non sarai mai abbastanza bravo da regalarle ad altri.
Il tributo al Vajont
Uno degli obbiettivi che mi ero prefissato a inizio anno era quello di rendere simbolicamente omaggio, in occasione del cinquantenario, alle vittime della strage del Vajont, raggiungendo la diga in bici. Volevo fortemente farlo e ad autunno ormai inoltrato, ci sono andato. Sono stati giorni freddi e duri. Giorni da spezzare il fiato. Giorni da ricordare.
I morti di fine anno
Rientrato a casa, ho continuato a pedalare fino ad arrivare a oggi, ultimo dell’anno. Gli ultimi giorni sono stati contrassegnati da diversi incidenti e vittime in bicicletta. Episodi che ti lasciano basito e che ti fanno riflettere su quanto, ogni giorno, rischi. Sono state spese parole. Alcune bellissime e condivisibili, altre che potevano essere risparmiate. Io ho preferito tacere e pedalare. Girando in città, nei giorni prima di Natale, era lampante come ci si trovasse in un’autentica giungla urbana. Il traffico era letteralmente impazzito e, almeno 2 volte al giorno, ho rischiato un incidente. Sono stato fortunato.
Sono necessari dei cambiamenti, ma prima che da istituzioni e leggi, credo debbano partire da noi, dalla società. Finchè non cambieremo noi e non cominceremo a rispettarci l’un l’altro, continueremo a scontarci in una guerra senza vincitori nè vinti, ma con solo vittime.
Io dal mio canto continuerò a pedalare e a pensare a nuovi viaggi ed avventure.
Non so ancora dove il nuovo anno mi porterà, ma non vedo l’ora di scoprirlo.
In questo 2013 ormai ai saluti ho trascorso 530 ore sui pedali. E non ne ho ancora abbastanza.
Buon anno a tutti.