Mi volto indietro e fatico a credere che un altro anno è ormai agli sgoccioli. Il caldo estivo, le camminate settembrine, le faticose pedalate in montagna. Ricordi ancora vivi eppure già così distanti. L’abbronzatura antisesso (così la definiscono gli amici) sulle gambe è ancora lì, ormai da anni, ma il sole al momento pare essere partito per altri lidi.
Senza che me ne rendessi pienamente conto è arrivato l’autunno, uno dei più colorati e vispi che io ricordi. Con lui l’odore di bosco umido, le foglie scricchiolanti, tappeti variopinti, qualche pioggia, la zucca, le caldarroste, le giornate sempre più corte. Tra un colpo di pedale e uno di freno, ho riposto nell’armadio gli abiti estivi per far spazio ai pantaloni lunghi, al giubbotto invernale, al paracollo e ai guanti. Non tutto in una volta, ma gradualmente, man mano che il morso del freddo stingeva le sue fauci.
E’ arrivato il cambio dell’ora e il buio è calato su ogni cosa. Mi sono così ritrovato a fare avanti e indietro, immerso nell’oscurità, con un solo fascio di luce a indicarmi la via. E’ il periodo dell’anno che mi piace meno, che mi rende più triste, più malinconico. Quando esco la mattina ogni cosa è ancora avvolta nelle pieghe della notte e quando rincaso la sera, il buio ha già vinto la sua battaglia col giorno ormai passato. Alba e tramonto vanno in scena mentre sono immerso tra i palazzi di Milano e così posso solo immaginarli, guardandoli riflessi sui vetri delle finestre più alte.
Per una decina di giorni le temperature sono andate sotto zero e ancora una volta mi sono reso conto come, nel corso degli anni, la mia freddolosità cronica si sia decisamente affievolita. Non credo sarò mai pronto per andare a dormire senza calze, ma chissà, a volte la vita riserva delle sorprese!
Credo che l’essere esposto quotidianamente a qualsiasi condizione metereologica, abbia in qualche modo temprato il fisico. Chissà: forse un giorno riuscirò a fare anch’io come quegli adoni che si vedono in tv e andare a dormire a petto nudo senza svegliarmi la mattina dopo con un raffreddore che trasforma tutte le “emme” in “bi”. Già perchè una volta ci ho provato e quando mi sono alzato l’unica cosa che sono stato in grado di dire è stata: “Babba bia che raffredore!”.
Pian piano le temperature si sono fatte meno rigide e tutto è stato avvolto dalla nebbia. Un muro spesso, fitto, intenso, quasi imperforabile, come non lo si vedeva da anni. Ho pedalato perdendomi in luoghi che conosco come le mie tasche, semplicemente perchè non riuscivo a vedere oltre il mio naso. Ora che ci penso, le mie tasche non le conosco poi tanto bene, dato che ogni volta che ci infilo le mani trovo sempre qualcosa che non sapevo di avere.
Alcuni giorni ho pedalato autenticamente a tastoni poichè tra nebbia e occhiali che si appannavano, era impossibile decifrare i confini dell’orizzonte, anche quello più vicino. A volte ho avuto la netta impressione di essere caduto in un buco “spazionebbiolare”, ma in qualche modo, alla fine, ho sempre ritrovato la strada di casa. Non so se l’abbia ritrovata io o se sia stata la mia bici che ormai conosce il percorso.
In tutta quella foschia intanto, hanno fatto capolino le luci intermittenti che segnano inevitabilmente l’avvicinarsi del Natale e della fine dell’anno. Periodo che non sopporto molto e che ormai non comprendo più.
Giorno dopo giorno l’aria di Milano si è fatta irrespirabile, il traffico impazzito, costringendomi a uno slalom giornaliero tra auto puzzolenti in coda, degno del miglior Alberto Tomba dei tempi andati.
Tutti più buoni allora, salvo le imprecazioni lanciate dall’abitacolo verso chiunque. E via alla corsa al regalo più bello, più costoso e più inutile. Corsa che dura poco e che di solito si spegne alla prima rotonda dove tutti si mettono confusamente in coda, suonando jingle bells a colpi di clacson. Via alla ricerca del panettone, del torrone, della frutta secca e del pandoro, che ormai trovi in vendita anche dal commercialista che nel frattempo ti presenta il conto di fine anno.
In tutto questo rincorrere freneticamente da fermi ogni cosa, ho la netta impressione che a essersene andato in fuga sia proprio il Natale, almeno per come lo intendevo io.
Ma poco importa, perchè in fondo ora siamo tutti più buoni e allora, senza pensarci troppo, lanciamoci nello sprint finale che ci porterà verso un anno nuovo e migliore (così come il 2015 e quelli prima ancora). Pronti con i boccioni di spumante al cielo, con le mutande rosse, con i botti, con le lenticchie sul fuoco, pronti a trovare la festa più “cool” e più “fun” di sempre… Attenzione a non invertire le cose, ritrovandovi malauguratamente a “fun-cool”.
Andate avanti che io pian piano arrivo, immerso nella nebbia, non sapendo bene dove mi trovo, con la speranza di fuoriuscire dalla foschia e rendermi conto che è già tutto alle spalle. 5, 4, 3, 2, 1…. “Un saluto e un cordiale ‘fanculo ad un altro Natale” (Cit. Modena City Ramblers).