Ci sono posti unici, misteriosi e quasi magici; protetti dalle montagne che li custodiscono negli anni, insieme alle loro leggende.
Uno di questi sono sicuramente le cascate del Toce: un impressionante salto d’acqua di 143m, considerato uno dei più belli delle Alpi. Ma si sa, questi posti non sono lì alla mercé di tutti: vanno sudati fino a quasi 1700m di altitudine.
Per arrivare alle cascate, un buon punto di partenza è sicuramente Domodossola, facilmente raggiungibile in treno.
Appena fuori dalla stazione, il Toce è già lì che ci aspetta: tranquillo, quasi inerme, ormai rassegnato ad annegare nelle acque del lago Maggiore. Ma per ammirare quell’impressionante salto d’acqua, bisogna risalire il suo corso, lasciarsi alle spalle la Val d’Ossola e arrampicarsi in Val Formazza.
Per dirla tutta, io e Claudia arriviamo a Domodossola non col treno, ma sulle nostre bici, dopo aver costeggiato il lago da Arona e aver risalito la Val d’Ossola da Gravellona con il vento contrario a farci compagnia.
Da Domodossola la strada inizia poco a poco a salire e, con un primo balzo, permette di superare il torrente Bogna e raggiungere, dopo circa 6km, Crevoladossola. Proseguiamo sulla SS659, tenendo il Toce sulla destra.
A proposito, tutti lo chiamiamo “il Toce”, ma in realtà sarebbe “la Toce”: ninfa incastonata nella montagna che, in attesa del ritorno del suo amore, versa lacrime che formano la cascata, meta della nostra pedalata odierna.
Dopo circa 20km da Domodossola, raggiungiamo Baceno a quota 659m. Fino a qui è tutto un leggero falsopiano a salire, ma dall’abitato le gambe si scaldano definitivamente con 2km al 6% che ci portano ai 773m di Rozzaro di Premia. Proprio quando pensiamo che sia stato decretato “il via” all’ascesa, la strada inaspettatamente spiana per circa 8km, fino a San Rocco di Premia. Eccoci finalmente in Val Formazza, dove la statale riprende gradualmente a salire. Nei primi 3km le pendenze sono tutt’altro che proibitive, ma da Rivasco (847m) l’ascesa si fa più impegnativa.
Raggiungiamo Foppiano, dopo 33km da Domodossola, a quota 958m. Qui è posto un ponte sul Toce che ci sposta dal lato opposto del corso d’acqua. Subito dopo il ponte, la SS659 si incunea in una galleria circolare che preferiamo evitare. Prendiamo così la stradina sulla destra che, con una serie di impegnativi tornanti, permette di evitare la spirale cementata e ricongiungersi poi con la strada statale che stavamo percorrendo. Consiglio questa soluzione, anche se la strada alternativa porta ancora evidenti segni di una piena del fiume e, in un tratto, ci costringe a scendere dalle bici per superare un pezzo dissestato.
Ci ricongiungiamo alla SS659 subito dopo la galleria, nella frazione di Fondovalle a quota 1217m, ritrovando il Toce sulla nostra destra. Da qui parte un altro tratto di 4km in leggerissima e impercettibile ascesa che ci porta ai 1270m di Vado poi, con un nuovo ponte nell’abitato di Formazza, ci spostiamo definitivamente sul lato opposto del corso d’acqua.
Domodossola dista ormai più di 40km e, da qui, si inizia a fare sul serio! La strada improvvisamente si alza ribelle sotto le ruote con un tratto di 3km al 7/8% che porta ai piedi dell’imponente e maestosa cascata di lacrime.
Come Ulisse con le sirene, il pianto straziato della Ninfa mi bracca e la mente corre a ritroso negli anni. Al 2003. 30 maggio 2003.
Fu l’unica occasione nella quale in Giro d’Italia arrivò quassù. Era la 19a tappa, da Canelli alle cascate, di 239km. Su queste stesse ultime rampe che ora si stagliano davanti ai nostri occhi, Marco Pantani si alzò sui pedali. Fu uno scatto secco, come solo lui sapeva fare, ma le sue gambe, o forse la sua testa, non erano più quelle del 1998. Uno scatto forse più di rabbia, per cercare di staccare 4 anni travagliati. Ecco, se il ciclismo fosse scritto da un cantastorie, da un romantico paroliere, ora vi racconterei che il Pirata staccò tutti e arrivò a braccia alzate, tra le lacrime dei tifosi e della ninfa. Vi racconterei che quel 30 maggio 2003 fu per lui un nuovo inizio.
Ma non è così. Il ciclismo è scritto con altre gocce: di sudore, di fatica, di dolore. Gocce che narrano senza appello una storia scritta sull’asfalto dalle ruote. E non sempre la storia è romantica, non sempre è come la pensiamo, non sempre è leggibile. Copertoni neri su asfalto scuro.
Quel 30 maggio 2003 ero come sempre incollato davanti alla TV. Lo scatto del Pirata mi fece sobbalzare sulla sedia, ma di lì a poco mi risedetti. La maglia rosa di Gibo Simoni lo raggiunse, insieme a Frigo, Pellizzotti e Belli. Un nuovo scatto di Marco; cattivo, scriteriato, un grido di dolore subito affogato nell’acqua impetuosa, fatto qui, ai piedi della cascata, dove la strada tende a spianare prima di arrampicarsi nel suo tratto più impegnativo con pendenze che raggiungono la doppia cifra. L’asfalto si nasconde in una galleria paravalanghe, quasi fosse un intermezzo pubblicitario, un finale della storia che non vorremmo sapere. Ma la verità è che su queste ultime rampe verticali ci fu un nuovo allungo, di Pellizzotti. Gli andò dietro Simoni che trionfò pochi km dopo a braccia alzate, in maglia rosa e ipotecò il giro. Allora non lo sapevamo ancora, ma quello su questa strada, tra queste lacrime grondanti, fu l’ultimo scatto di Marco Pantani.
Arriviamo così in cima alla cascata, a quota 1697m. Domodossola dista ormai quasi 50km. Da lassù lo spettacolo è mozzafiato, con l’impetuoso salto d’acqua che prende forma sotto i nostri piedi. E’ ormai pomeriggio inoltrato, quindi propendiamo per risalire in sella, dopo una breve sosta al bar/rifugio e scendere dalla medesima strada appena percorsa. Per chi invece vuole, ha tempo e energie, la strada prosegue per altri 4km che portano ai 1815m del lago di Morasco.
Il vento che ci aveva respinto in Val d’Ossola, cambia direzione e ce lo ritroviamo nuovamente contro durante la discesa, che ci costringe a spingere sui pedali nei lunghi tratti pianeggianti. Cascate del Toce, o forse del venToce, ma anche qui corre in aiuto la leggenda che racconta della ninfa incastonata nella montagna, rivelatrice di amori traditi che si possono udire quando il sole tramonta e il vento soffia forte.