Sabato mattina. Un’idea mi frulla in testa da giorni, un malessere senza nome e volto inonda lo spirito. “Chiodo scaccia chiodo”. Si dice così di solito… Mi convinco allora che faticando, massacrando le gambe, soffrendo fisicamente, possa placare le pene dell’anima.
Col Passo del Sempione ho un conto in sospeso: dovevo scalarlo un paio di anni fa, poi non lo feci. E’ arrivato il momento di saldare quel conto, anche se siamo ancora a inizio maggio, anche se lassù troverò sicuramente neve e freddo.
Detto fatto: mi metto in viaggio sulle note del nuovo album di Ben Harper “Call it what it is”. Stabilisco il mio “campo base” alle porte di Domodossola. Sono da poco passate le 10 quando scandisco le prime pedalate. La cittadina piemontese è in fermento, nel cielo splende un pallido sole, ma non fa freddo. Penso che mi trovo a 200m sul livello del mare. Penso che dovrò arrivare ad oltre 2.000! In mezzo 40km di ascesa.
Fino a Varzo (15km di strada) la salita non è affatto impegnativa. Sarebbe più consono forse definirla falsopiano, fatta eccezione per un paio di rampe con tornante in pavè nei pressi di Crevoladossola. Per salire al valico, l’unica soluzione è la statale del Sempione, anche se a Varzo la si può abbandonare per un breve tratto pedalando parallelamente. La scelta di partire in tarda mattinata e di percorrere la salita a ridosso dell’ora di pranzo, mi sorride: un po’ perché sono le ore più calde e un po’ perché sono quelle con meno traffico (attenzione soprattutto se si decide di percorrere la strada in settimana). Lo scenario che si apre davanti agli occhi è imponente: con le sue pareti rocciose altissime e ripide che fiancheggiano la strada.
Il passo è avvolto dalle nuvole, quasi si nascondesse dietro a un velo di mistero o timidezza. Pochi tornanti lungo la salita e tante gallerie paravalanghe a proteggere la carreggiata. Sono praticamente tutte aperte e ben illuminate, percorribili tranquillamente con un semplice faretto posteriore di sicurezza, ma il panorama ne risente parecchio.
Fino alla dogana italiana, le pendenze sono morbide, ma già arrivati a quella elvetica di Gondo, iniziano a farsi più decise. Non vi sono grossi strappi e la strada sale regolare, senza eccessive difficoltà. La vera insidia è la lunghezza dell’ascesa che, volenti o nolenti, si fa prima o poi sentire.
Poco prima dell’abitato di Simplon Dorf è il tratto più duro della scalata, con pendeze che raggiungono e superano il 9%. Fiancheggio l’abitato in un tratto aperto, dove raffiche improvvise di vento mi colgono di sorpresa. Noto sulla sinistra due camionisti pranzare in uno spiazzo in barba alle nuvole, che ormai dominano il cielo, e al vento. Li raggiungo e ricarico le scorte d’acqua che avevo quasi finito. Facile, pedalabile, o severa sto ormai salendo da 32km e il pensiero che me ne manchino ancora 10 mi demoralizza un po’. Ma in fondo ero venuto qui per soffrire e allora vado avanti, facendo una sorta di conto alla rovescia mentale.
A 4km dalla fine delle mie sofferenze, sono in difficoltà e allora provo a non pensare a niente, o a tutto e ad andare avanti, come ho sempre fatto del resto. Guardo il contachilometri e mi rendo conto di stare contando ormai i metri che mancano alla fine. 3900, 3800, 3700… Il paesaggio circostante intanto si imbianca, quasi fosse invecchiato durante la mia ascesa. Negli ultimi 2000m la salita perde il suo mordente e allora capisco di avercela fatta. Inserisco il cambio più lungo, mi alzo sui pedali e raggiungo quell’aquila di pietra che non vola, ma che resta da sempre a guardia del passo del Sempione. Fa un gran freddo, ma lo spettacolo è unico, tra quelle nevi che sanno di epico e leggenda.
Mi godo il momento, ma mi rendo presto conto come il tempo stia peggiorando velocemente. Mi copro alla bene e meglio, saluto l’aquila di granito e mi getto in discesa lungo la stessa strada dalla quale sono salito, mentre gocce ghiacciate iniziano a picchiettare sul caschetto.
Dal punto di vista del tracciato, la discesa è una vera goduria in quanto non richiede mai di frenare e l’asfalto è in condizioni ottime. Una volta sola freno, in galleria, giusto per verificare di avere ancora i freni e la sensibilità delle mani. Già, perché se da un lato è un vero spasso, dall’altro l’aria gelida congela il mio viso in un’espressione monofacciale!
Si perdono metri d’altitudine velocemente, le temperature si fanno più miti e il sole torna a fare capolino. Mi volto un’ultima volta verso il passo che torna a nascondersi dietro ai nuvoloni pesanti.
Ritorno al punto di partenza con 83km nelle gambe (la metà di salita) e circa 2000m di ascesa. Sono provato, ma neanche troppo. In fondo era quello che volevo, mi ripeto. Ripenso all’aquila di granito, che rimane lì a guardia del passo, nonostante le intemperie. Forse vorrebbe spiccare il volo, forse sogna di vedere cosa c’è oltre la cresta della montagna, forse vorrebbe migrare in un posto più caldo o forse sta bene lì, nel suo mondo. Forse non si chiede niente di tutto ciò, perché lei è forte, indifferente, di pietra… Non come me.
Altimentria:
Altimetria Passo del Sempione
Foto:
From Passo del Sempione (2005m). Posted by Ivan Folli on 5/07/2016 (20 items)