Le mie avventure sui pedali, in cerca di fatica e salite, questa volta mi portano sulle sponde del lago di Como. L’obbiettivo è la scalata del Monte Bisbino, definita a più voci una delle salite più belle.
Il cielo è sereno, anche se non fa troppo caldo, anzi di tanto in tanto un vento fresco rinfresca la pelle, nonostante sia già tarda mattinata.
Il primo impatto con la città Lariana è traumatico: traffico intenso di turisti che vogliono godersi il bel fine settimana sulle sponde del lago.
Driblo le auto con qualche patema d’animo e mi avvio verso Cernobbio, che raggiungo dopo pochi minuti. Passato il centro di Cernobbio, le auto svaniscono e iniziano le mie fatiche. I primi 4km di ascesa, fino a Rovenna, scaldano le gambe e sono un andirivieni di tornanti che si specchiano nelle acque del lago. Non sento la fatica, distratto dal bel panorama.
Dopo Rovenna le pendenze si fanno più decise, anche se in generale per tutta l’ascesa, molto regolare, si attestano tra il 6 e l’8%.
Ora mi è chiara la bellezza della salita: le auto sono davvero rare e il panorama vario.
Man mano che si sale, il lago si fa sempre più distante fino a diventare un livido blu su pelle verde, mentre ci si immerge in un bosco sempre più fitto che chiude la vista come un sipario.
Improvvisamente mi trovo a fronteggiare due tornanti che sanno di passato: il manto stradale infatti non è fatto d’asfalto, ma bensì di pavè.
La bici sobbalza e il mio pensiero inevitabilmente va al Passo del San Gottardo, chiamata la Roubaix delle Alpi proprio per il fatto che buona parte dell’ascesa è pavè.
Negli ultimi 5km anche il manto stradale d’asfalto si fa più grezzo e i tornanti distanti, uniti da lunghi rettilinei.
Giungo ai 1290m del Bisbino dopo 15km di ascesa e la fatica svanisce immediatamente alla vista del panorama fatto da nuvole, montagne distanti e vallate. La strada finisce lì, a pochi km dal confine con la Svizzera.
Rifocillata la vista e il corpo, mi getto in discesa. Mi maledico per non aver portato i guanti non appena sento le mani intorpidirsi.
Di nuovo a Como, l’impatto è migliore della volta precedente: è circa l’una e credo siano tutti rintanati nei bar e nei ristoranti.
Mi sento bene e allora decido di avventurarmi verso una nuova salita: Brunate Cao.
L’impatto è da infarto: una lunghissima rampa di garage con punte al 18%.
In generale i primi 5km sono i più duri e oscillano costantemente intorno al 10%. Li affronto con pazienza, riuscendo a riprendere il mio ritmo dopo le difficoltà delle prime rampe.
Giunto a Brunate la strada da finalmente respiro, ma non appena imbocco la strada per il Rifugio Cao, ecco che le pendenze si fanno nuovamente decise, intorno al 9%.
L’idea di essere quasi in cima mi da linfa vitale e così non ne risento più di tanto. Nell’ultimo tratto la strada spiana, ma ancora una volta, come nell’ascesa del Bisbino, ecco comparire il pavè.
Dalla vetta, che si raggiunge dopo 9km, la vista è meno appagante che dal Bisbino, ma è una salita che da soddisfazione proprio per la sua durezza.
Scendo nuovamente verso la città Lariana. A discesa quasi ultimata incontro un ciclista in evidente affanno. Mi chiede quanto manchi alla fine… Vorrei rincuorarlo dicendogli che è quasi in cima, ma sono sincero dicendogli che non è neanche a metà. Cerco comunque di consolarlo dicendogli che la parte più dura è quella dove sta pedalando ora, anche se il suo sguardo non sembra essere confortato.
Raggiungo per la terza volta Como dopo 70km percorsi. Un breve tratto di pavè nel centro cittadino, mi riporta ai pensieri della prima ascesa: come sarà il San Gottardo? Forse è un segnale, un monito, forse mi toccherà scoprirlo… E forse non passerà poi tanto tempo prima che le nostre strade si incrocino… Nella Roubaix delle Alpi!
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