Ero abituato, durante l’inverno, nelle giornate terse e sgombre da nubi, a guardare i profili canuti e indifferenti delle alpi. Mi ritrovavo spesso a chiedermi quando sarei tornato a pedalare sulle loro schiene, a sognare giornate spensierate di sole facendo su e giù come un bambino gioioso su un’altalena. Poi, solitamente, il mio sguardo tornava vigile, sulla campagna coperta di brina, i campi in letargo, l’asfalto umido, in attesa che la stagione fredda partisse per le vacanze.
La prima salita dell’anno era sempre una abbordabile, meno di 1000m di altitudine di solito: vuoi per la neve, per la gamba più abituata alla pianura pavese che alle pendenze ostiche, o per il freddo di discese troppo lunghe e impervie. La prima ascesa coincideva più o meno con l’arrivo della primavera, di solito qualche settimana prima perché la mia impazienza si faceva insopportabile.
In questo inizio di 2019, invece, dalle salite mi sono allontanato poco, senza mai perderle di vista, anche perché appena mi allontanavo, ne sentivo subito la mancanza. Anche il primo giorno dell’anno, in fin dei conti, mi sono ritrovato a faticare in salita.
E’ febbraio e nell’aria si sente ancora forte il sapore del freddo. Collare al collo, fascia in testa, giubbotto, pantaloni lunghi, copriscarpe, guanti e via. Parto da Gallarate, di modo da lasciarmi alle spalle Sesto Calende e Arona, prima che il traffico si faccia troppo sostenuto. Il lago Maggiore mi aspetta lì: placido e tranquillo, ignaro e non curante delle temperature più basse. Un timido sole si fa spazio tra le nuvole, mentre risalgo lungo la sponda piemontese. Giunto a Lesa, dopo circa 40km percorsi, in corrispondenza di un semaforo, giro a sinistra seguendo le indicazioni per Calogna, la meta di giornata. La strada si alza subito con ampi tornanti e una vista appagante sulle acque blu sottostanti, accarezzate poco prima. Per arrivare in centro al paese sono 5 km di ascesa regolari, abbastanza però per sentire il sudore colare sulla fronte e svestire i guanti, nonostante i cumuli di neve ai bordi della strada. Arrivato a quota 500m, l’asfalto perde il suo mordente. In prossimità della chiesa faccio rifornimento d’acqua e, anziché lanciarmi in discesa, proseguo in salita pedalabile verso Carpugnino dove imbocco l’alto vergante: una strada con continui saliscendi che corre parallela e più alta, rispetto a quella lungolago, percorsa poco prima.
Raggiunto Oleggio, dopo circa 90km, faccio ritorno in Lombardia passando il ponte sul Ticino. Per tornare a casa non mi resta che imboccare la ciclabile del naviglio grande. Passo gli abitati di Turbigo, Boffalora, Robecco, Abbiategrasso. Mi volto un’ultima volta: ora le propaggini sembrano così lontane e un retrogusto di nostalgia si fa forte in gola…. Nostalgia Calogna!
Altimetria Calogna
Il percorso
La nostalgia, come previsto, si è fatta sentire e nelle settimane successive, seguendo la falsariga del giro sopra descritto, mi sono avventurato sul Levo (salita che inizia da Stresa) e Comnago (prima parte in condivisione con la salita di Calogna, ma al bivio, seguendo le indicazioni, si prende a sinistra anziché a destra). Tutte e tre le salite si ricollegano poi alla strada dell’alto vergante. Volendo accorciare il percorso, o tagliare un po’ di traffico, si può optare per partire e arrivare a Sesto Calende, raggiungibilissima in treno con bici al seguito.