Non sono ancora scoccate le sei eppure sono già sveglio e ho già assunto la dose mattutina di caffè. Si parte!
La mia pedalata verso il passo del Nivolet (2612m e quarto valico asfaltato italiano), ha inizio a Cuorgnè (TO) 414m, dove imbocco la SP460. I primi 17km che mi separano da Locana, sono pedalabilissimi con qualche falsopiano e qualche breve tratto di discesa.
A Locana (613m) inizia invece a farsi notare la salita sotto le ruote, anche se con pendenze minime. Conscio del fatto che si tratta di un’ascesa infinita, metto subito un cambio più agile di modo da non sprecare da subito energie che sicuramente mi seviranno.
Fino a Noasca (1063m) la strada sale più o meno costante, senza lasciar troppo spaziare la vista. Improvvisamente però, subito dopo la fine dell’abitato, l’asfalto si impenna verso il cielo azzurro con 4 tornanti in successione spezzafiato e spezzagambe al 10/12%.
Neanche il tempo di riprendere un respiro regolare, che entro nel lunghissimo tunnel (3,5km con pendenze che variano tra il 10 e il 15%). Si tratta di una galleria chiusa, nella quale si pedala per un po’ (essendo in costante salita). Fortunatamente il traffico non è troppo sostenuto e previdentemente mi sono portato sia il faretto posteriore (assolutamente necessario visto che alcuni tratti non sono ben illuminati) sia quello anteriore (opzionale, ma preferibile averlo).
All’uscita dalla galleria mi ritrovo a Ceresole Reale (1620m). La vista si rinfranca subito godendo del bel lago solcato da surf e brulicante di turisti. La strada, che costeggia il lago per qualche chilometro, nel frattempo spiana e da modo di riprendere fiato e energie preziose, anche perché alla vetta mancano ancora 16km!
Da qui in poi si entra in uno spettacolo senza pari: il traffico automobilistico diminuisce quasi in toto, dato che la strada asfaltata termina non molto dopo il passo e quindi a percorrerlo rimangono soprattutto ciclisti e centauri, vogliosi di mettere una nuova tacca sul loro destriero. La vallata si apre su viste mozzafiato tra un tornante e l’altro, con la netta sensazione di spiccare il volo.
La fatica inizia a farsi sentire nelle gambe però, soprattutto per la sua lunghezza.
Giungo così dapprima al Lago di Serrù e poi al Lago Angel, dove si può respirare con un breve tratto in leggera discesa.
Qui ha inizio l’ultimo sforzo di un’ascesa eterna. I due laghetti si fanno sempre più piccoli e distanti, sembrando quasi due macchie di tonalità diverse, d’azzurro su una tavolozza naturale.
Le pendenze nell’ultimo tratto non sono proibitive, ma la stanchezza ha ormai la meglio e quindi non resta che arrancare e stringere i denti, oltre al fatto che ormai ho sorpassato abbondantemente i 2000m e l’ossigeno è più rarefatto.
Il cartello del Passo è incastonato tra le rocce e compare quasi all’ultimo. Il panorama è semplicemente fantastico!
Foto di rito, vestizione e contemplazione del panorama, prima di gettarmi in discesa.
Dopo il passo la strada prosegue asfaltata per circa 1km e conduce sino al Rifugio Savoia, ma se si vuole rifocillarsi consiglio di iniziare la discesa dal medesimo versante dal quale si è saliti e fermarsi subito dopo i 2 laghetti dove si trova un bar/ristorante.
Fatte le debite scorte di acqua (salendo dopo Noasca non vi sono più fontane a memoria), ripercorro la medesima strada, questa volta in lunghissima discesa. Man mano che passano i chilometri, la pendenza scema sotto le ruote e non mi resta che pedalare per ritornare al punto di partenza, dove un’altra splendida giornata a pedali ha avuto inizio, dove ho iniziato a perdermi con la testa tra le Nivolet.
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